Il titolo è una frase del filosofo Kierkegaard, citata in un libro di P. Raniero Cantalamessa, "La vita in Cristo". Mi torna alla mente ogni qualvolta ci sono le brutte notizie di azioni malvagie commesse in nome di dio. Evidentemente di un dio con la "d" minuscola, si tratta infatti di un idolo, Di un idolo antropomorfico, vendicativo e spietato come può essere un uomo senza Dio, assetato del sangue delle vittime da immolare sui suoi altari. Antropomorfo e dunque imbevuto degli stessi sentimenti generati da popolazioni devastati da decenni su decenni di guerre, soprusi, angherie. La fede in un idolo porta sempre conseguenze nefaste, come dimostrano i kamikaze che muoiono portando la morte, certi di morire da martiri e certi che il loro misero idolo li ricompenserà oltremisura, vittime dunque e carnefici allo stesso tempo.
Ma l'idolatria non è estranea, in forma più subdola, alle nostre società, dove tante persone si costruiscono propri idoli personali, caratterizzati dall'amplificazione dei propri difetti,dei propri desideri ed anche qui i risultati del culto idolatrico sono spesso letali per se e per gli altri.
Dal grande campionario di commenti di questi giorni, faccio mia questa riflessione di Enzo Bianchi, come riportata da Avvenire:
La riflessione di Enzo Bianchi sulla strage di Parigi.
" La rivolta delle nostre coscienze dovrebbe avvenire non solo quando siamo colpiti nella nostra Europa, ma sempre, quando si scatena la barbarie e uomini, donne e bambini ne sono vittime: si pensi a quanto avviene quotidianamente in Siria o in Iraq… Ovunque un essere umano è ucciso, l’umanità intera dovrebbe sentirsi ferita." (click sul testo rosso per leggere tutto il testo)
L'Occidente non può pretendere di rimanere un'isola felice, magari costruendo grandi muraglie tutt'intorno ai suoi confini. Con immigrazione e terrorismo internazionale stiamo raccogliendo ciò che abbiamo seminato durante il colonialismo e che abbiamo fatto crescere all'ombra di regimi dispotici ma utili agli "equilibri" delle potenze. L'Europa, l'Italia, l'America la Russia e gli altri paesi industrializzati continuano ad esportare tecnologie di morte, continuano a porre in essere politiche economiche di sfruttamento, continuano ad intessere legami economici con governi corrotti e dispotici. Non possiamo pretendere sicurezza nei nostri confini finché continuiamo a partecipare ed alimentare guerre nei confini altrui. Abbiamo globalizzato il mondo, dobbiamo globalizzare la pace.
Il Signore, l'unico vero Dio, amorevole e misericordioso, accoglierà le vittime del male.
"Signore, disarmali! Signore disarmaci!".
domenica 15 novembre 2015
domenica 1 novembre 2015
Ognissanti e Commemorazione di Defunti
Oggi, 1 Novembre, festa d' Ognissanti.
Domani, 2 Novembre, Commemorazione dei Defunti.
MI ha sempre colpito la contiguità di queste due
celebrazioni dai nomi collettivi.
Iniziamo dalla prima: Ognissanti. Celebriamo in questo
giorno la memoria di tutti i santi, anche e soprattutto di coloro che non sono stati
canonizzati.
" La ricorrenza della chiesa occidentale potrebbe derivare dalla festa romana della dedicatio Sanctae Mariae ad Martyres, ovvero l'anniversario della trasformazione del Pantheon in chiesa dedicata alla Vergine e a tutti i martiri, avvenuta il 13 maggio del 609 o 610 da parte di Papa Bonifacio IV.
In seguito papa Gregorio III (731-741) scelse il 1° novembre come data dell'anniversario della consacrazione di una cappella a San Pietro alle reliquie "dei santi apostoli e di tutti i santi, martiri e confessori, e di tutti i giusti resi perfetti che riposano in pace in tutto il mondo".
Altre tesi correlano la nascita di questo culto a riti celtici ed al loro sopravvivere nel mondo del monachesimo irlandese.
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"Nella chiesa latina il rito viene fatto risalire all'abate benedettino sant'Odilone di Cluny nel 998: con la riforma cluniacense stabilì infatti che le campane dell'abbazia fossero fatte suonare con rintocchi funebri dopo i vespri del 1º novembre per celebrare i defunti, ed il giorno dopo l'eucaristia sarebbe stata offerta "pro requie omnium defunctorum"; successivamente il rito venne esteso a tutta la Chiesa Cattolica. Ufficialmente la festività, chiamata originariamente Anniversarium Omnium Animarum, appare per la prima volta nell'Ordo Romanus del XIV secolo."
Un’osservazione dal punto di vista del calendario: Ognissanti-Commemorazione è in autunno, così come Pasqua è in primavera; il calendario liturgico sembra dunque ricalcare sostanzialmente il ciclo stagionale della natura alle nostre latitudini, morte-riposo-resurrezione-risveglio; ovvero, la natura stessa è resa partecipe in questo modo della liturgia cristiana."
La Commemorazione dei Defunti, è strettamente legata al
mistero dell’oltretomba, al destino delle anime di coloro che ci hanno
preceduto nel cammino terreno ed quindi anche di ciò che attende ognuno di noi.
Ancora abbastanza diffuso nel popolo napoletano , seppure di molto diminuito, è il senso di pietà per le anime del Purgatorio. Di quelle anime dei trapassati, considerate sempre collettivamente, che prima di giungere alle gioie del Paradiso devono “depurarsi” , spurgandosi di tutte le colpe accumulate nella vita terrena. E’ questa l’origine di tante cappelline votive ancora presenti nei vicoli di Napoli, che racchiudono rappresentazioni ricche di patos di queste anime sofferenti; le quali, tradizionalmente, possono trarre sollievo solo dalle preghiere e dalle offerte dei vivi a loro suffragio
Iniziamo dal primo: il torrone, essenzialmente, bianco d’uovo, zucchero e mandorle o nocciole, con alcune varianti come in quello tipicamente napoletano al cioccolato e a forma di cassa da morto, detto appunto “torrone dei morti” perché venduto solo in questa ricorrenza. Il torrone bianco e duro, colore della morte e dei sepolcri, evoca con la sua durezza le ossa dei morti ma con la sua dolcezza concilia l’apparentemente inconciliabile, quasi affermando che tutto sommato la morte possa aprirci la porta di dolcezze ultraterrene.
Il frutto del loto, autunnale delizia, vero dessert offerto generosamente da splendidi alberi, ora spogli delle foglie ma adorni di colorati e dolcissimi frutti. Il nome napoletano del loto è “legnasante”, in quanto dal loro taglio netto in verticale appare talvolta come un’immagine del Cristo Crocefisso.
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Sul melograno, infine, si può aprire una lunghissima disquisizione, trattandosi di un frutto noto per la sua simbologia in molte culture. Presente in molte parti dell’Antico Testamento, utilizzato dai greci del mito di Persefone, ripreso dal cristianesimo come simbolo della stessa Chiesa, che custodisce al suo interno, come un tesoro, le virtù di Cristo e dei tanti martiri
“ La melagrana,
nella sua unità e molteplicità, manifesta la Chiesa come comunità profondamente
e intimamente legata al messaggio salvifico di Cristo; essa è simbolo
ecclesiologico, ma anche teologico (e cristologico): ecclesiologico perché la
sua molteplicità ne puntualizza la, dimensione comunitaria e l'unità mistica
con Cristo, cristologico perché la ricchissima «dote» le deriva dal sacrificio
di Cristo stesso.[Clicca per la fonte]
“La pianta di
melograno viene considerata, assieme al melo cotogno e alla vite, uno dei più
antichi alberi da frutta coltivati.
Il suo frutto, ma anche i suoi semi e il suo fiore, sono quasi
sempre associati nelle civiltà antiche alla fertilità e alla fecondità.
I Fenici diffusero la pianta di melograno durante i loro
viaggi in tutto il bacino del Mediterraneo.
Era apprezzata anche dagli Egizi per i quali la melagrana
era considerato un frutto medicinale per
le sue proprietà terapeutiche.
Nell’antico Egitto questo frutto simboleggiava ricchezza e
abbondanza ma soprattutto fertilità e discendenza numerosa.
La pianta di melograno adornava i giardini più belli
appartenenti alla nobiltà o ai più ricchi egiziani ed era tenuta in grande
considerazione anche perché non temeva la siccità.
Il suo frutto era usato nelle cerimonie funebri e
simboleggiava il nutrimento per i defunti.
Melagrane si trovano dipinte nella camera sepolcrale di
Ramsete IV e anche altre raffigurazioni di questo frutto sotto forma di geroglifici
sono state scoperte all’interno di tombe egizie che risalgono a 2.500
anni fa.
Nell’antica Grecia la pianta di melograno era una pianta
sacra a Venere e a Giunone.
Questa dea, Giunone, veniva considerata la protettrice del
matrimonio e della fertilità ed era spesso raffigurata, per questo motivo, con
una melagrana nella mano destra.
Secondo una leggenda Venere donò agli uomini la pianta di
melograno piantandone un albero a Cipro.
Vi è poi il mito di Persefone nel quale la melegrana ha un
ruolo fondamentale.
Persefone, che gli antichi romani chiamavano
Proserpina, era una giovane fanciulla
figlia della dea Demetra e di Zeus.
Venne rapita da Ade dio dell’oltretomba e da lui sposata
mentre sua madre Demetra, dea dell’agricoltura e dei raccolti, la cercava
disperata.
In questa sua ricerca dimenticò la crescita delle messi e il rigoglio della vegetazione e così sulla Terra venne un duro
inverno che sembrava non volesse finire mai.
Zeus impietosito dalla triste sorte degli uomini che
morivano di fame e di freddo informò Demetra di quello che era accaduto a sua
figlia ma la madre disperata non acconsentiva a fare ricrescere la vegetazione
sino a quando sua figlia non le fosse
stata restituita.
Persefone quando era giunta nell’Ade non aveva voluto
mangiare nulla.
Soltanto una volta, svogliatamente, quando le era stata
offerta della frutta, aveva mangiato sei semi di melagrana ignorando però che
chi mangia i frutti degli inferi è poi costretto a soggiornarvi per l’eternità.
Infine si raggiunse un accordo per cui, siccome Persefone
non aveva mangiato un frutto intero ma solo sei grani, sarebbe stata col marito
solo per il numero di mesi equivalenti al numero di semi che aveva mangiato
mentre il rimanente periodo avrebbe potuto trascorrerlo con la madre sulla
Terra.
Demetra ogni anno accoglieva con gioia il ritorno della
figlia e faceva, in primavera ed estate, rifiorire tutta la vegetazione.
In questo mito il
frutto della pianta di melograno unica fra le altre specie di piante da frutto
simboleggia non solo il cibo dei defunti ma anche il valore del matrimonio,
infatti Persefone soggiornava sei mesi col marito.
Però era simbolo anche di fertilità perchè quando in
primavera Persefone tornava sulla Terra presso la madre questa felice faceva
rifiorire tutta la vegetazione.
Per questo motivo questo mito era molto popolare e
conosciuto sia dai Greci che dagli antichi romani che amavano e veneravano la
dea Demetra.
Durante i festeggiamenti in suo onore le ateniesi mangiavano
i rossi chicchi della melagrana per conquistare la prosperità e la felicità.
Invece i sacerdoti addetti alle sacre cerimonie in onore
della dea erano incoronati con i rami della pianta di melograno ma non potevano
mangiarne i frutti in quanto erano simbolo di fertilità.
melagrana fruttoAncora oggi in certe zone della Grecia è
tradizione rompere una melagrana ai matrimoni e
regalare a Capodanno i frutti di questa pianta per augurare prosperità e
fortuna.
In Grecia e in Dalmazia viene piantato un melograno nel
giardino della casa dove gli sposi andranno ad abitare come simbolo di matrimonio duraturo, fecondo
e felice.
Anche presso gli antichi romani la pianta di melograno
veniva tenuta in grande considerazione.
Le spose nell’antica Roma mettevano una coroncina di fiori
di melograno fra i capelli come simbolo di fertilità e di felice matrimonio.
I Romani chiamavano la melagrana “malum punicum” che
significa “melo cartaginese” perché
pensavano che la pianta di melograno
provenisse da Cartagine quindi all’Africa settentrionale.
Invece il nome melagrana deriva dal latino malum cioè mela e
da granatum che significa con semi.
La pianta di melograno viene citata più volte nella Bibbia.
La cita nel libro dell’Esodo quando scrive che immagini
raffiguranti questo frutto dovevano
essere applicate sugli abiti rituali dei sacerdoti.
Descrive le melagrane che
adornavano i capitelli delle colonne che si trovavano nel tempio del re Salomone in Gerusalemme.
Inoltre la melagrana è uno dei 7 frutti elencati nella
Bibbia come speciali prodotti della “Terra Promessa” infatti dice:
“….il Signore ti porterà in un’ottima terra…terra da grano,
da orzo e da viti dove prosperano i fichi, i melograni e gli ulivi”
Nella simbologia ebraica questo frutto è simbolo di onestà e
di correttezza perché secondo la tradizione ebraica la melagrana contiene al
suo interno 613 semi che rappresentano le 613 prescrizioni scritte nella Torah
osservando le quali si ha la certezza di tenere un comportamento saggio ed equo.
Nel cristianesimo la
melagrana, a causa del colore rosso vermiglio dei suoi semi e soprattutto del
suo succo, è simbolo del sangue versato da Cristo e dai Martiri quindi del
martirio.
Madonna del Botticelli particolareLa melagrana si trova in
molti dipinti a tema religioso e spesso i pittori del XV e del XVI secolo
raffiguravano il Bambino Gesù con in mano una melagrana che raffigura la
passione che il Cristo dovrà subire.
Simboleggia però un martirio fecondo perché si riferisce
alla nuova vita donataci dal Redentore.
Nel Medioevo e nel Rinascimento il simbolismo della
melagrana si riconduceva a quello della Chiesa che unisce in una sola fede
numerosi popoli mentre i suoi tanti
chicchi indicavano i misteri della sapienza divina.
Anche nel mondo orientale il frutto della pianta di
melograno rappresentava abbondanza, fertilità e fecondità.
In Cina era considerato il simbolo della posterità e in
Turchia durante la celebrazione del matrimonio una melagrana è lanciata a terra
dalla sposa che avrà tanti figli quanti sono i chicchi che fuoriescono dal
frutto.
In India le donne che desiderano un bambino bevono il succo
della melagrana che per tradizione assicura la fecondità.
Anche presso gli Arabi la pianta di melograno era tenuta in
grande considerazione.
Nel Corano il melograno viene citato come uno degli alberi
che prosperavano nel paradiso e in un altro punto di questo testo sacro viene
descritto fra le cose buone che Dio ha dato agli uomini.
Quando gli Arabi all’inizio dell’ ottavo secolo
invasero la Spagna e la dominarono
fondarono una città che prese il nome di Granada dal frutto che avevano
introdotto in Spagna cioè la melagrana.
Infatti ancora oggi questa città ha sul suo stemma una
melagrana." [Clicca per la fonte]
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Eterno riposo (in latino, Requiem aeternam) è una preghiera della tradizione cattolica rivolta a Dio per la pace delle anime dei defunti.
È derivata dall'apocrifo Apocalisse di Esdra (III secolo).
"L'eterno riposo,
dona loro, o Signore,
e splenda ad essi
la Luce perpetua.
Riposino in pace.
Amen."
sabato 17 ottobre 2015
Il pensiero è come l'Oceano
Certo
Chi comanda
Non è disposto a fare distinzioni poetiche
Il pensiero come l'oceano
Non lo puoi bloccare
Non lo puoi recintare
Così stanno bruciando il mare
Così stanno uccidendo il mare
Così stanno umiliando il mare
Così stanno piegando il mare
(L. Dalla - Com'è profondo il mar)
venerdì 26 giugno 2015
Cantico di frate Sole
<<La lode ed il rendimento di grazie all'altissimo Signore... Francesco li affida... al volto ed alla voce delle creature sorelle che formano l'universo visibile: alla bellezza luminosa e parlante dei corpi celesti, alla varietà fraterne e servizievole dei quattro elementi... aere, acqua, fuoco e matre terra, non senza la lode umana del perdono, della sofferenza e della morte. Quando il canto fu consegnato ai frati "giullari del Signore" perché lo portassero per il mondo intero, forse nemmeno Francesco pensava che sarebbe andato così lontano >> [F.F.]
Altissimu, onnipotente, bon Signore
Tue so' le laude, la gloria e l'honore et onne benedizione.
Ad Te solo, Altissimo, se konfane
Laudato sie, mi' Signore, cum tutte le Tue creature,
spezialmente messor lo frate Sole,
lo qual è iuorno et allumini noi per lui;
Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:
de te altissimo, porta significazione.
Laudato si', mi' Signore per sora Luna e le stelle:
in celu l'ai formate clarite e preziose e belle.
Laudato si', mi' Signore, per frate Vento
e per aere e nubilo e sereno et onne tempo,
per lo quale a le Tue creature dài sustentamento.
Laudato si', mi' Signore, per sor'Acqua,
la quale è multo utile et humile e preziosa e casta.
Laudato si', mi' Signore, per frate Focu,
per lo quale ennallumini la notte:
et ello è bello e iucondo e robustoso e forte.
Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre Terra,
la quale ne sustenta e governa,
e produce diversi frutti con coloriti flori et herba
<<Fra i poveri più abbandonati e maltrattati, c’è la nostra oppressa e devastata terra, che « geme e soffre le doglie del parto» (Rm 8,22). Dimentichiamo che noi stessi siamo terra (cfr Gen 2,7). Il nostro stesso corpo è costituito dagli elementi del pianeta, la sua aria è quella che ci dà il respiro e la sua acqua ci vivifica e ristora... "Che gli esseri umani distruggano la diversità biologica nella creazione di Dio; che gli esseri umani compromettano l’integrità della terra e contribuiscano al cambiamento climatico, spogliando la terra delle sue foreste naturali o distruggendo le sue zone umide; che gli esseri umani inquinino le acque, il suolo, l’aria: tutti questi sono peccati". Perché « un crimine contro la natura è un crimine contro noi stessi e un peccato contro Dio»[Patriarca Bartolomeo, 1 set. 2012]... il divino e l’umano si incontrino nel più piccolo dettaglio della veste senza cuciture della creazione di Dio, persino nell’ultimo granello di polvere del nostro pianeta...
La terra, nostra casa, sembra trasformarsi sempre più in un immenso deposito di immondizia. In molti luoghi del pianeta, gli anziani ricordano con nostalgia i paesaggi d’altri tempi, che ora appaiono sommersi da spazzatura. Tanto i rifiuti industriali quanto i prodotti chimici utilizzati nelle città e nei campi, possono produrre un effetto di bio-accumulazione negli organismi degli abitanti delle zone limitrofe, che si verifica anche quando il livello di presenza di un elemento tossico in un luogo è basso. Molte volte si prendono misure solo quando si sono prodotti effetti irreversibili per la salute delle persone... il sistema industriale, alla fine del ciclo di produzione e di consumo, non ha sviluppato la capacità di assorbire e riutilizzare rifiuti e scorie. Non si è ancora riusciti ad adottare un modello circolare di produzione che assicuri risorse per tutti e per le generazioni future, e che richiede di limitare al massimo l’uso delle risorse non rinnovabili, moderare il consumo, massimizzare l’efficienza dello sfruttamento, riutilizzare e riciclare.>> [P. Francesco] >>
Laudato si', mi' Signore, per quelli che perdonano per lo Tuo amore
e sostengo infirmitate e tribulazione.
Beati quelli ke 'l sosterranno in pace
ka da Te, Altissimo, sirano incoronati.
da la quale nullu homo vivente po’ skappare:
guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali;
beati quelli ke troverà ne le Tue santissime voluntati,
ka la morte seconda no ‘l farrà male.
<<L’ambiente umano e l’ambiente naturale si degradano insieme, e non potremo affrontare adeguatamente il degrado ambientale, se non prestiamo attenzione alle cause che hanno attinenza con il degrado umano e sociale. Di fatto, il deterioramento dell’ambiente e quello della società colpiscono in modo speciale i più deboli del pianeta: « Tanto l’esperienza comune della vita ordinaria quanto la ricerca scientifica dimostrano che gli effetti più gravi di tutte le aggressioni ambientali li subisce la gente più povera ».26 Per esempio, l’esaurimento delle riserve ittiche penalizza specialmente coloro che vivono della pesca artigianale e non hanno come sostituirla, l’inquinamento dell’acqua colpisce in particolare i più poveri che non hanno la possibilità di comprare acqua imbottigliata, e l’innalzamento del livello del mare colpisce principalmente le popolazioni costiere impoverite che non hanno dove trasferirsi. L’impatto degli squilibri attuali si manifesta anche nella morte prematura di molti poveri, nei conflitti generati dalla mancanza di risorse e in tanti altri problemi che non trovano spazio sufficiente nelle agende del mondo.>> [P. Francesco]
Laudate e benedicete mi' Signore e rengraziate
Certo che ne abbiamo fatti di danni all'ambiente, dall'epoca di San Francesco! Egli visse in un Italia profondamente diversa dalla nostra: un paese sostanzialmente montuoso, pieno di boschi ancora selvatici ed impraticabili, ricco di fauna e di espressioni meravigliose della potenza della natura, a sua volta letta come riflesso della potenza del Creatore. Oggi, l'ambiente naturale è stravolto al punto di farci dubitare sugli effettivi benefici prodotti dal cosiddetto progresso tecnologico, dal momento che ci troviamo di continuo a dover fronteggiare molte "emergenze" ambientali.
In questa disastrosa situazione ambientale, il valore dei versi di Francesco d'Assisi è inestimabile. Personalmente, ne sono sempre stato affascinato. Lessi il Cantico alle elementari e da allora non mi ha mai abbandonato. Anche nei miei "periodi bui", questi versi sono rimasti dormienti nella mia mente, per ridestarsi alcuni anni fa e diventare una delle mie preghiere preferite.
Accosto, umilmente, i bellissimi versi di Francesco, fra i primi scritti in lingua "volgare", ad alcune foto scattate circa un anno fa, meditando il Cantico, aggiungendovi estratti dell'enciclica di Papa Francesco <<Laudato si'>>, una bella lettura del Cantico pescata su YouTube e l'interpretazione del grande Angelo Branduardi
In questa disastrosa situazione ambientale, il valore dei versi di Francesco d'Assisi è inestimabile. Personalmente, ne sono sempre stato affascinato. Lessi il Cantico alle elementari e da allora non mi ha mai abbandonato. Anche nei miei "periodi bui", questi versi sono rimasti dormienti nella mia mente, per ridestarsi alcuni anni fa e diventare una delle mie preghiere preferite.
Accosto, umilmente, i bellissimi versi di Francesco, fra i primi scritti in lingua "volgare", ad alcune foto scattate circa un anno fa, meditando il Cantico, aggiungendovi estratti dell'enciclica di Papa Francesco <<Laudato si'>>, una bella lettura del Cantico pescata su YouTube e l'interpretazione del grande Angelo Branduardi
Voce: Nicola Palumbo
Altissimu, onnipotente, bon Signore
Ad Te solo, Altissimo, se konfane
et nullu homo éne dignu Te mentovare.
ANGELO BRANDUARDI - IL CANTICO DELLE CREATURE
Laudato sie, mi' Signore, cum tutte le Tue creature,
spezialmente messor lo frate Sole,
lo qual è iuorno et allumini noi per lui;
Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:
de te altissimo, porta significazione.
<<come succede quando ci innamoriamo di una persona, ogni volta che Francesco guardava il sole, la luna, gli animali più piccoli, la sua reazione era cantare, coinvolgendo nella sua lode tutte le altre creature. Egli entrava in comunicazione con tutto il creato, e predicava persino ai fiori e «li invitava a lodare e amare Iddio, come esseri dotati di ragione ». La sua reazione era molto più che un apprezzamento intellettuale o un calcolo economico, perché per lui qualsiasi creatura era una sorella, unita a lui con vincoli di affetto. Per questo si sentiva chiamato a prendersi cura di tutto ciò che esiste.>> [P. Francesco]
in celu l'ai formate clarite e preziose e belle.
Laudato si', mi' Signore, per frate Vento
e per aere e nubilo e sereno et onne tempo,
per lo quale a le Tue creature dài sustentamento.
la quale è multo utile et humile e preziosa e casta.
<<Un problema particolarmente serio è quello della qualità dell’acqua disponibile per i poveri, che provoca molte morti ogni giorno. Fra i poveri sono frequenti le malattie legate all’acqua, incluse quelle causate da microorganismi e da sostanze chimiche.... L’accesso all’acqua potabile e sicura è un diritto umano essenziale, fondamentale e universale, perché determina la sopravvivenza delle persone, e per questo è condizione per l’esercizio degli altri diritti umani. Questo mondo ha un grave debito sociale verso i poveri che non hanno accesso all’acqua potabile, perché ciò significa negare ad essi il diritto alla vita radicato nella loro inalienabile dignità>> [P. Francesco]
Laudato si', mi' Signore, per frate Focu,
per lo quale ennallumini la notte:
et ello è bello e iucondo e robustoso e forte.
Frate Focu - foto: Marino de Liguori
Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre Terra,
la quale ne sustenta e governa,
e produce diversi frutti con coloriti flori et herba
<<Fra i poveri più abbandonati e maltrattati, c’è la nostra oppressa e devastata terra, che « geme e soffre le doglie del parto» (Rm 8,22). Dimentichiamo che noi stessi siamo terra (cfr Gen 2,7). Il nostro stesso corpo è costituito dagli elementi del pianeta, la sua aria è quella che ci dà il respiro e la sua acqua ci vivifica e ristora... "Che gli esseri umani distruggano la diversità biologica nella creazione di Dio; che gli esseri umani compromettano l’integrità della terra e contribuiscano al cambiamento climatico, spogliando la terra delle sue foreste naturali o distruggendo le sue zone umide; che gli esseri umani inquinino le acque, il suolo, l’aria: tutti questi sono peccati". Perché « un crimine contro la natura è un crimine contro noi stessi e un peccato contro Dio»[Patriarca Bartolomeo, 1 set. 2012]... il divino e l’umano si incontrino nel più piccolo dettaglio della veste senza cuciture della creazione di Dio, persino nell’ultimo granello di polvere del nostro pianeta...
La terra, nostra casa, sembra trasformarsi sempre più in un immenso deposito di immondizia. In molti luoghi del pianeta, gli anziani ricordano con nostalgia i paesaggi d’altri tempi, che ora appaiono sommersi da spazzatura. Tanto i rifiuti industriali quanto i prodotti chimici utilizzati nelle città e nei campi, possono produrre un effetto di bio-accumulazione negli organismi degli abitanti delle zone limitrofe, che si verifica anche quando il livello di presenza di un elemento tossico in un luogo è basso. Molte volte si prendono misure solo quando si sono prodotti effetti irreversibili per la salute delle persone... il sistema industriale, alla fine del ciclo di produzione e di consumo, non ha sviluppato la capacità di assorbire e riutilizzare rifiuti e scorie. Non si è ancora riusciti ad adottare un modello circolare di produzione che assicuri risorse per tutti e per le generazioni future, e che richiede di limitare al massimo l’uso delle risorse non rinnovabili, moderare il consumo, massimizzare l’efficienza dello sfruttamento, riutilizzare e riciclare.>> [P. Francesco] >>
Laudato si', mi' Signore, per quelli che perdonano per lo Tuo amore
e sostengo infirmitate e tribulazione.
Beati quelli ke 'l sosterranno in pace
ka da Te, Altissimo, sirano incoronati.
La Croce: Amore, Morte e Risurrezione. foto: Marino de Liguori
Laudato sì’, mi’ Signore, per sora nostra Morte corporale,da la quale nullu homo vivente po’ skappare:
guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali;
beati quelli ke troverà ne le Tue santissime voluntati,
ka la morte seconda no ‘l farrà male.
<<L’ambiente umano e l’ambiente naturale si degradano insieme, e non potremo affrontare adeguatamente il degrado ambientale, se non prestiamo attenzione alle cause che hanno attinenza con il degrado umano e sociale. Di fatto, il deterioramento dell’ambiente e quello della società colpiscono in modo speciale i più deboli del pianeta: « Tanto l’esperienza comune della vita ordinaria quanto la ricerca scientifica dimostrano che gli effetti più gravi di tutte le aggressioni ambientali li subisce la gente più povera ».26 Per esempio, l’esaurimento delle riserve ittiche penalizza specialmente coloro che vivono della pesca artigianale e non hanno come sostituirla, l’inquinamento dell’acqua colpisce in particolare i più poveri che non hanno la possibilità di comprare acqua imbottigliata, e l’innalzamento del livello del mare colpisce principalmente le popolazioni costiere impoverite che non hanno dove trasferirsi. L’impatto degli squilibri attuali si manifesta anche nella morte prematura di molti poveri, nei conflitti generati dalla mancanza di risorse e in tanti altri problemi che non trovano spazio sufficiente nelle agende del mondo.>> [P. Francesco]
e serviateli cum grande humilitate
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http://w2.vatican.va/content/francesco/it/encyclicals/documents/papa-francesco_20150524_enciclica-laudato-si.html
Grazie Papa Francesco per averci ricordato il nostro ruolo di custodi del Creato, speriamo che non sia troppo tardi... speriamo e preghiamo.
Preghiera per la nostra terra
Dio onnipotente,
che sei presente in tutto l’universo
e nella più piccola delle tue creature,
Tu che circondi con la tua tenerezza
tutto quanto esiste,
riversa in noi la forza del tuo amore
affinché ci prendiamo cura
della vita e della bellezza.
Inondaci di pace,
perché viviamo come fratelli e sorelle
senza nuocere a nessuno.
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http://w2.vatican.va/content/francesco/it/encyclicals/documents/papa-francesco_20150524_enciclica-laudato-si.html
Grazie Papa Francesco per averci ricordato il nostro ruolo di custodi del Creato, speriamo che non sia troppo tardi... speriamo e preghiamo.
Preghiera per la nostra terra
Dio onnipotente,
che sei presente in tutto l’universo
e nella più piccola delle tue creature,
Tu che circondi con la tua tenerezza
tutto quanto esiste,
riversa in noi la forza del tuo amore
affinché ci prendiamo cura
della vita e della bellezza.
Inondaci di pace,
perché viviamo come fratelli e sorelle
senza nuocere a nessuno.
O Dio dei poveri,
aiutaci a riscattare gli abbandonati
e i dimenticati di questa terra
che tanto valgono ai tuoi occhi.
Risana la nostra vita,
affinché proteggiamo il mondo
e non lo deprediamo,
affinché seminiamo bellezza
e non inquinamento e distruzione.
Tocca i cuori
di quanti cercano solo vantaggi
a spese dei poveri e della terra.
Insegnaci a scoprire il valore di ogni cosa,
a contemplare con stupore,
a riconoscere che siamo profondamente uniti
con tutte le creature
nel nostro cammino verso la tua luce infinita.
aiutaci a riscattare gli abbandonati
e i dimenticati di questa terra
che tanto valgono ai tuoi occhi.
Risana la nostra vita,
affinché proteggiamo il mondo
e non lo deprediamo,
affinché seminiamo bellezza
e non inquinamento e distruzione.
Tocca i cuori
di quanti cercano solo vantaggi
a spese dei poveri e della terra.
Insegnaci a scoprire il valore di ogni cosa,
a contemplare con stupore,
a riconoscere che siamo profondamente uniti
con tutte le creature
nel nostro cammino verso la tua luce infinita.
Grazie perché sei con noi tutti i giorni.
Sostienici, per favore, nella nostra lotta
per la giustizia, l’amore e la pace.
Sostienici, per favore, nella nostra lotta
per la giustizia, l’amore e la pace.
lunedì 15 giugno 2015
Razzismo?... no! ...mai!!
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TRATTATO DI DUBLINO
Questo è quanto ha dichiarato il ministro dell’Interno francese, Bernard Cazeneuve
Fonte: http://www.ilgiornale.it/news/cronache/francia-allitalia-rispetti-trattato-dublino-alfano-cambiare-1140751.html
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Al di là delle beghe politiche italo-europee, vorrei riflettere sul fenomeno migranti.
Fenomeno peraltro, storicamente connaturato allo sviluppo della civiltà e che ha assunto rilevanza “penale” solo con l’invenzione ed il consolidarsi delle frontiere, che diamo per scontato ma che dimentichiamo essere un’invenzione puramente umana e presupposto indispensabile per ogni guerra che si rispetti.
Ad ogni modo noi europei, noi ex-potenze coloniali (chi più e chi meno), abbiamo un grosso debito storico nei confronti delle regioni di provenienza degli attuali flussi migratori: siamo stati noi per primi ad andare nelle loro terre, senza chiedere il loro permesso, traendo materie prime e tutto ciò che a noi serviva, calpestando le loro culture ed imponendo la nostra. Li abbiamo colonizzati, distruggendo i loro equilibri sociali ed economici, li abbiamo considerati inferiori e schiavizzati, abbiamo commesso su di loro ogni genere di crimine immaginabile, restando per lo più impuniti.
Colonialismo italiano - 1939
https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_del_colonialismo_in_Africa"I capi delle popolazioni indigene spesso accettavano spontaneamente di firmare i "trattati" con cui cedevano la loro sovranità alle potenze europee, non rendendosi conto di cosa stavano facendo o di quale sarebbe stata la portata dell'occupazione colonialista. Quando le gravi conseguenze si fecero sentire, i vari popoli spesso si ribellarono, ma non riuscirono a contrastare gli europei che portavano con sé armi ed equipaggiamento moderno."
" Il giornalista americano Adam Hochschild, autore del bestseller storico King Leopold's Ghost (Gli spettri del Congo), ritiene che 10.000.000 di congolesi siano morti negli anni in cui il paese era sottoposto al dominio personale di Leopoldo II.
Lo stesso modello di sfruttamento venne riprodotto nel vicino Congo francese (attuale Repubblica del Congo), con conseguenze drammaticamente analoghe. L'esploratore Pietro Savorgnan De Brazzà, mandato ad investigare nel 1905, dopo che alcuni omicidi efferati commessi dai funzionari bianchi avevano turbato l'opinione pubblica, iniziò la stesura di un severo rapporto ma morì prima di portarlo a termine. Lo scrittore André Gide, che visitò il Congo venti anni dopo, riferì che poco era cambiato nella situazione del paese.
Le atrocità nell'Africa sudoccidentale tedesca riguardarono invece gli Herero, una popolazione di pastori di lingua bantù che oggi conta circa 120.000 persone. Nel 1904 gli Herero si ribellarono alla colonizzazione e massacrarono duecento coloni tedeschi. La risposta del generale Lothar von Trotha condusse al primo genocidio del XX secolo. Von Throta emise un "ordine di annientamento" che recitava "Qualsiasi Herero che si trovi entro le frontiere tedesche, armato o no, in possesso di bestiame o senza, sarà abbattuto". Gli Herero furono deportati in massa nel deserto di Omaheke dove morirono di fame e di sete in seguito all'avvelenamento dei pozzi da parte delle truppe tedesche. Si calcola che le vittime siano state 65 000 Herero (80% della popolazione totale)."
Miseria, fame, ignoranza, violenza, malattie sono il contesto abituale nel quale vivono milioni di persone, milioni di esseri umani come noi. Come noi, e più di noi, desiderano migliorare le proprie vite, acquisire diritti, avere possibilità, poter pensare ad un futuro migliore per i loro figli, ed è per questo che sono disposti a rischiare le loro vite ponendole nelle mani di chi offre loro il sogno di approdare in Europa.
Personalmente, ho conosciuto molti immigrati e di nessuno posso dire di aver avuto una cattiva impressione. Nessuno di loro riesco ad accostarlo, nemmeno lontanamente, con coloro che commettono efferati delitti per un nonnulla, o che turbano in alcun modo il nostro ordine pubblico. Non posso dire la stessa cosa per molti italiani “purosangue” che pure conosco.
Migranti italiani in America
Ora viviamo in un mondo globalizzato, dove merci, denaro ed informazioni viaggiano in lungo ed in largo con una facilità mai vista prima, ma non vogliamo che lo stesso accada per le persone. Vogliamo poter controllare le persone, limitare i loro spostamenti, filtrarle in base al loro status sociale. Vogliamo che il povero resti povero lì dov’è, che smetta di sognare, che non venga a turbare la nostra “pace sociale”. Anzi, magari potremmo riprendere la vecchia usanza di mandare i nostri diseredati e delinquenti in giro per il mondo a popolare terre lontane, così come facevano Spagna, Regno Unito, Francia.
L’immigrazione è divenuto un importante fenomeno, in grado di cambiare velocemente il contesto sociale europeo. Se vogliamo garantire alla nostra società un livello accettabile di civile convivenza, bisognerà fare in modo che le differenze di razza, cultura e religione siano percepite come assolutamente accidentali e non caratterizzanti tipologie etniche, o peggio, determinate tipologie criminose.
Il quartiere di Spalen a Basilea è diventato negli ultimi anni una vera colonia di operai transalpini. La sera soprattutto queste strade hanno un vero profumo di terrore transalpino. Gli abitanti si intasano, cucinano e mangiano pressoché in comune in una saletta rivoltante. Ma quello che è più grave è che alcuni gruppi di italiani si assembrano in certi posti dove intralciano la circolazione e occasionalmente danno vita a risse che spesso finiscono a coltellate».
(Da “La Suisse”, Ginevra, 17 agosto 1898).
«Si suppone che l’Italiano sia un grande criminale. È un grande criminale. L’Italia è prima in Europa con i suoi crimini violenti. (…) Il criminale italiano è una persona tesa, eccitabile, è di temperamento agitato quando è sobrio e ubriaco furioso dopo un paio di bicchieri. Quando è ubriaco arriva lo stiletto. (…) Di regola, i criminali italiani non sono ladri o rapinatori - sono accoltellatori e assassini».
(Dal “New York Times”, 14 maggio 1909).
«Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Non amano l’acqua, molti di loro puzzano anche perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno e alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi o petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti fra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro».
(Da una relazione dell’Ispettorato per l’immigrazione del Congresso degli Usa, ottobre 1912).
" Il giornalista americano Adam Hochschild, autore del bestseller storico King Leopold's Ghost (Gli spettri del Congo), ritiene che 10.000.000 di congolesi siano morti negli anni in cui il paese era sottoposto al dominio personale di Leopoldo II.
Lo stesso modello di sfruttamento venne riprodotto nel vicino Congo francese (attuale Repubblica del Congo), con conseguenze drammaticamente analoghe. L'esploratore Pietro Savorgnan De Brazzà, mandato ad investigare nel 1905, dopo che alcuni omicidi efferati commessi dai funzionari bianchi avevano turbato l'opinione pubblica, iniziò la stesura di un severo rapporto ma morì prima di portarlo a termine. Lo scrittore André Gide, che visitò il Congo venti anni dopo, riferì che poco era cambiato nella situazione del paese.
Le atrocità nell'Africa sudoccidentale tedesca riguardarono invece gli Herero, una popolazione di pastori di lingua bantù che oggi conta circa 120.000 persone. Nel 1904 gli Herero si ribellarono alla colonizzazione e massacrarono duecento coloni tedeschi. La risposta del generale Lothar von Trotha condusse al primo genocidio del XX secolo. Von Throta emise un "ordine di annientamento" che recitava "Qualsiasi Herero che si trovi entro le frontiere tedesche, armato o no, in possesso di bestiame o senza, sarà abbattuto". Gli Herero furono deportati in massa nel deserto di Omaheke dove morirono di fame e di sete in seguito all'avvelenamento dei pozzi da parte delle truppe tedesche. Si calcola che le vittime siano state 65 000 Herero (80% della popolazione totale)."
Il colonialismo politico è terminato ma non quello economico. Molti popoli hanno visto la fine del colonialismo ma non l’inizio del benessere e lo sfruttamento di preziose risorse naturali continua nelle mani delle multinazionali e grazie alla collaborazione di governi corrotti. I conflitti locali sono un prezioso mercato per i venditori di armi.
Miseria, fame, ignoranza, violenza, malattie sono il contesto abituale nel quale vivono milioni di persone, milioni di esseri umani come noi. Come noi, e più di noi, desiderano migliorare le proprie vite, acquisire diritti, avere possibilità, poter pensare ad un futuro migliore per i loro figli, ed è per questo che sono disposti a rischiare le loro vite ponendole nelle mani di chi offre loro il sogno di approdare in Europa.
Personalmente, ho conosciuto molti immigrati e di nessuno posso dire di aver avuto una cattiva impressione. Nessuno di loro riesco ad accostarlo, nemmeno lontanamente, con coloro che commettono efferati delitti per un nonnulla, o che turbano in alcun modo il nostro ordine pubblico. Non posso dire la stessa cosa per molti italiani “purosangue” che pure conosco.
Migranti italiani in America
Ora viviamo in un mondo globalizzato, dove merci, denaro ed informazioni viaggiano in lungo ed in largo con una facilità mai vista prima, ma non vogliamo che lo stesso accada per le persone. Vogliamo poter controllare le persone, limitare i loro spostamenti, filtrarle in base al loro status sociale. Vogliamo che il povero resti povero lì dov’è, che smetta di sognare, che non venga a turbare la nostra “pace sociale”. Anzi, magari potremmo riprendere la vecchia usanza di mandare i nostri diseredati e delinquenti in giro per il mondo a popolare terre lontane, così come facevano Spagna, Regno Unito, Francia.
L’immigrazione è divenuto un importante fenomeno, in grado di cambiare velocemente il contesto sociale europeo. Se vogliamo garantire alla nostra società un livello accettabile di civile convivenza, bisognerà fare in modo che le differenze di razza, cultura e religione siano percepite come assolutamente accidentali e non caratterizzanti tipologie etniche, o peggio, determinate tipologie criminose.
Il quartiere di Spalen a Basilea è diventato negli ultimi anni una vera colonia di operai transalpini. La sera soprattutto queste strade hanno un vero profumo di terrore transalpino. Gli abitanti si intasano, cucinano e mangiano pressoché in comune in una saletta rivoltante. Ma quello che è più grave è che alcuni gruppi di italiani si assembrano in certi posti dove intralciano la circolazione e occasionalmente danno vita a risse che spesso finiscono a coltellate».
(Da “La Suisse”, Ginevra, 17 agosto 1898).
«Si suppone che l’Italiano sia un grande criminale. È un grande criminale. L’Italia è prima in Europa con i suoi crimini violenti. (…) Il criminale italiano è una persona tesa, eccitabile, è di temperamento agitato quando è sobrio e ubriaco furioso dopo un paio di bicchieri. Quando è ubriaco arriva lo stiletto. (…) Di regola, i criminali italiani non sono ladri o rapinatori - sono accoltellatori e assassini».
(Dal “New York Times”, 14 maggio 1909).
«Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Non amano l’acqua, molti di loro puzzano anche perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno e alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi o petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti fra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro».
(Da una relazione dell’Ispettorato per l’immigrazione del Congresso degli Usa, ottobre 1912).
Insomma, quando la smetteremo di classificare gli autori dei crimini in base alla supposta etnia di appartenenza, come se il gene del male fosse esclusiva di una sola razza? Come se la razza italica fosse composta solo di navigatori, santi ed eroi?
giovedì 11 giugno 2015
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mercoledì 10 giugno 2015
Ael, la razza intelligente
hUMAN TRIBE
JORIT AGOch
Caravaggio e street-art
“Ael. Tutt’egual song’e creature” dell’artista Jorit Agoch è un murlaes di oltre 20 metri di altezza, ispirato alla canzone "Tutt’egual song’e creature" [Tutti uguali sono i bambini] di Enzo Avitabile. L’opera è il ritratto di una bambina rom, conosciuta dall'artista in un campo della periferia, ‘Ael’ significa ‘colei che guarda il cielo’ in lingua romanì.
" si intuisce come tramite la sua arte Jorit voglia trasmettere un messaggio di fratellanza e di rispetto verso le culture non occidentali che lo affascinano sempre di più.
[...] l’attenzione di Jorit si concentra esclusivamente sulla raffigurazione realistica del volto umano che inizia a marchiare con due “strisce” rosse sulle guance,che rimandano a rituali magici/curativi Africani in particolare alla procedura della scarnificazione Rito iniziatico del passaggio dall’infanzia all’età adulta legato al momento simbolico dell’entrata dell’individuo nella tribù.
Si fa in lui forte l’idea secondo cui le differenze di razza di sesso, religione e classe sociale sono infinitamente meno significative rispetto alle caratteriste che accomunano gli esseri umani accomunati da una comunione viscerale intrinseca nelle persone solo per il fatto di essere tali.
Raffigura sui muri nelle città che visita per il mondo persone del posto, e le marchia,tramite il “rito pittorico” facendole entrare a suo dire nella “Human Tribe”. Fonte: http://www.jorit.it/
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Video di Enzo Avitabile
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"Questa luce, che piomba improvvisa nell'ambiente oscuro, colpisce gli oggetti e le figure, illuminandone alcuni lati, altri lasciandone nell'ombra, e per forza di contrasto modella i corpi, facendone risaltare il valore volumetrico"[http://www.treccani.it/enciclopedia/chiaroscuro_(Enciclopedia-Italiana)/]
La definizione di chiaroscuro appena letta si riferisce alla tecnica usata da Caravaggio ma è sovrapponibile alle caratteristiche delle opere del giovane Writer Jorit AGOch, napoletano ma di madre olandese, la cui arte, nata per strada ma maturata anche grazie a studi accademici, si è evoluta fino a riscuotere riconoscimenti e successi internazionali, con mostre ed installazioni in tutto il mondo.
In particolare, Jorit sta portando avanti uno studio dei volti umani, inteso ad evidenziarne i tratti espressivi comuni ed i segnali di comune appartenenza alla Human Tribe. I suoi personaggi, attraverso l'emergere dalle tenebre, affermano il diritto di ogni essere umano ad avere attenzione, a non essere dimenticato, ad essere valorizzato, a non essere vittima di pregiudizi e stereotipi; e proprio in Ael la presenza di libri accanto ad un volto rom la dice lunga.
Per una visione delle opere:
http://www.jorit.it/
https://www.flickr.com/photos/131009953@N07/with/17050758467/
Marino De Liguori
domenica 7 giugno 2015
Leggendo e sognando il Kashmir
Leggendo e sognando il Kashmir
suggerimento di lettura
-I figli della mezzanotte-
-I figli della mezzanotte-
leggere la propria vita non come un evento puramente casuale e marginale, ma come risultante e determinante di eventi e di attori anche lontani nel tempo-spazio.
Saleem è nato allo scoccare della mezzanotte.
Quella mezzanotte che avrebbe dato inizio al 15 agosto del 1947 ed alla ritrovata indipendenza dell'India ma anche alla nascita di bambini speciali che, divenuti consapevoli dei propri poteri, avrebbero potuto dare la svolta al destino del loro paese.
Purtroppo, le cose andranno diversamente: il potere intuirà il pericolo ed il MCC, Midnight Children's Conference, verrà reso inoffensivo.
Non senza una speranza, però, perché qualcosa di speciale sopravviverà, almeno una coppia di bambini speciali è riuscita a procreare, qualcosa è sfuggito ai programmi di sterilizzazione
Molto altro ci sarebbe da dire e molto da commentare ma lo scopo del post è invitarvi a leggere questo romanzo, a detta di molti, eccezionale.
"I figli della mezzanotte è un romanzo di Salman Rushdie del 1981. Nello stesso anno il romanzo ha vinto il James Tait Black Memorial Prize e il Booker Prize. In seguito è stato nominato "Booker of Bookers" nel 1993 e "Best of the Booker" nel 2008 per celebrare il venticinquesimo e il quarantesimo anniversario del premio, rispettivamente.[1] È nella classifica dei 100 libri del secolo di le Monde." [http://it.wikipedia.org/wiki/I_figli_della_mezzanotte]
E' da segnalare che la trama, pur snodandosi in un preciso contesto storico-politico, non è vincolata dalla precisione storica, volendo il narratore, o meglio l'autore, aggiungere la sua personale interpretazione storica... a naso.
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Vi presento il primo capitolo
IL LENZUOLO PERFORATO
E' la storia di un antefatto, lontano nel tempo ma indispensabile sia per il nesso di casualità che per comprendere il contesto storico e culturale dell'intera narrazione:
la storia d'amore tra due giovani nel Kashmir di inizio novecento, coloro che saranno i nonni materni di Saleem Sinai, il protagonista narratore, il Bambino della Mezzanotte
Un po' oscura la prima pagina, vero?
In effetti è un condensato dell'intero libro, il quale è comunque pieno di anticipazioni narrative e di salti temporali, un libro che si legge la prima volta con curiosità e la seconda con piacere
CARTOLINA DI BOMBAY
IL CONTESTO GEOGRAFICO-POLITICO DEL LIBRO
Il sub-continente indiano, fino ad allora unificato ma sotto il dominio inglese, nel momento dell'indipendenza verrà suddiviso in due nazioni: Pakistan con la sua costola separata ad Est, e India. Tale divisione, maturata nell'odio razziale e nelle divisioni religiose, sarà causa di conflitti sanguinosi, con un primo tragico epilogo nella guerra civile che porterà alla nascita del Bangladesh. Su un altro fronte, sono tutt'ora in corso controversie e tensioni a causa del Kashmir.
I DUE PROTAGONISTI POLITICI DELL'INDIPENDENZA: GANDHI E MOHAMMAD ALI JINNAH
GANDHI AVREBBE VOLUTO L'INDIA UNITA, JINNAH INVECE FAVORI' LA NASCITA DEL PAKISTAN
http://www.paesieimmagini.it/India/kashmir.htm
IL LAGO DI SRINAGAR IN UNA CARTOLINA DELL'EPOCA DEL DOTTOR AZIZ
UN TAPPETO DA PREGHIERA ISLAMICO
IL TEMPIO SI SANKARA ACHARAYA
LA CITTADINA TEDESCA DI HEIDELBERG
LE SHIKARA
BARCAIOLO NEL LAGO SEMI-GELATO
DONNE MUSULMANE
Nessuna vita è marginale, ognuno prende parte consapevolmente o meno al grande gioco dell'evoluzione sociale.
Allora sarebbe bene porre la massima attenzione alle proprie piccole azioni, perché ogni nostro piccolo gesto potrebbe amplificarsi fino ad avere importanti ripercussioni.
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